Dopo la parte 1 nella quale abbiamo smentito questi miti: “La montagnetta nella moka non si fa”, “Il caffè non è amaro” e “Nel caffè lungo c’è più caffeina che in quello corto”, oggi ne sfatiamo altri 3!
Diciamo quindi basta ai detti popolari e alle credenze della nonna: scopri se tutto quello che sai sul caffè è vero o è solo un mito!
Perché è così importante sfatare questi miti?
Credo che al giorno d’oggi siamo esperti o lo possiamo diventare su qualsiasi argomento. Abbiamo il mondo in una mano e già conosciamo qualsiasi cibo e bevanda, a casa molti di noi cucinano piatti prelibati di ogni genere emulando i migliori chef. Siamo in grado di selezionare ottime materie prime, facciamo attenzione a dove fare la spesa, riconosciamo sentori e caratteristiche nei vini e nella birra… ma ancora ci affidiamo alle parole ed alle ricette della nonna per quanto riguarda il caffè!
Negli anni mi sono state fatte tantissime domande e ne sono davvero contenta, perchè vuol dire che c’è l’interesse a capirne di più, simbolo di una mentalità aperta!
Ed allo stesso tempo ho avuto modo di raccogliere le “credenze popolari”…
Adesso è il momento di sfatarle!
“Fare il caffè è semplice”
Questo è uno dei miei preferiti perché noi italiani ne siamo davvero convinti!
Prendiamo come esempio l’Espresso: fare un caffè mediocre o addirittura pessimo è semplicissimo! D’altronde basta mettere un po’ di caffè macinato nel filtro, incastrare il gruppo alla macchina e schiacciare un bottone… qualcosa uscirà fuori ed il gioco è fatto!
La cosa più grave è che non sono solo i clienti a pensarlo, il problema più grosso è che sono gli operatori del settore, i baristi stessi a dire che fare un caffè è semplice, non conoscendo ciò che c’è dietro.
Infatti quando entro in un bar 19 baristi su 20 non sanno preparare un espresso.
Se vuoi sapere preparare un espresso a regola d’arte, insieme a tutti gli altri metodi di estrazione, ti consiglio di leggere gli articoli del Blog di Caffè Ernani:
Ma in breve: perché non è facile fare il caffè?
Partiamo con il dire che il caffè è il frutto di una pianta. Come tutto ciò che è naturale, i chicchi non saranno mai identici tra di loro. Variano infatti per dimensione, forma, densità, umidità e così via.
E queste sono le prime tre variabili: origine, provenienza e struttura.
Dopo di che le miscele sono a loro volta sempre differenti, variando per livello di tostatura, composizione e conservazione.
Arriviamo così a 6 variabili: tostatura, miscelazione e freschezza/packaging.
Poi, prima di preparare il caffè i chicchi vanno macinati. A seconda del macinino utilizzato, delle macine (forma e materiale), della qualità dello strumento stesso, della temperatura e così via, il caffè estratto avrà un gusto differente.
E questa è la settima variabile: la macinatura, uno dei passaggi più delicati e fondamentali.
Inoltre le macchine del caffè non sono tutte uguali: ci sono macchine più o meno performanti, con caldaia unica o separate per ogni gruppo, a gruppo saturo o meno, con pressioni e mantenimento temperature diverse, con possibilità di impostare il profilo di estrazione in modo millesimale o manualmente con il sistema a leva e così via.
Già quindi conoscere e comprendere le diverse caratteristiche delle macchine richiede moltissimo studio e tempo.
E questa è l’ottava variabile: lo strumento per l’estrazione.
E non scordiamoci delle condizioni climatiche! Tutti i passaggi vanno settati e modificati in base alle variazioni metereologiche del luogo dove si sta estraendo il caffè.
Lo so, sembra che sto allungando il brodo per dimostrare le mie ragioni, ma posso giurare che non è affatto così. Basta provare a casa e vedere come una qualsiasi di queste variabili permette di ottenere un espresso perfetto se ben conosciute, oppure un espresso pessimo se non considerate.
Per dimostrarlo dal vivo davanti ad una macchina da espresso mi basterebbero 2 minuti e sarai tu stess* a dirmi “è vero, è diverso!”.
E siamo così alla nona variabile: le condizioni ambientali.
Ed infine abbiamo la pressione impressa al panetto di macinato, sia nel momento in cui si livella prima di iniziare l’erogazione, sia la pressione della macchina data all’acqua.
Arrivando così ad avere ben undici variabili per preparare un solo espresso, che a loro volta si dividono in altre sottocategorie.
Immagino che ora io ti sembri esagerata, ma in realtà sono stata addirittura troppo semplicistica e riduttiva.
Adesso penso sia più chiaro il concetto che preparare il caffè sia tutt’altro che semplice. Certo non stiamo salvando vite e non siamo scienziati della NASA. È bene e giusto ricordarsi sempre che stiamo parlando di caffè.
Ma è anche giusto non darlo per scontato, non pensare che chiunque si improvvisi barista lo sia davvero.
Per poter manovrare a proprio favore tutte le variabili sopra elencate è richiesta una buona base di studio e poi anni di applicazione sul campo e sperimentazione.
Se vuoi toccare con mano tutto ciò ti aspetto al corso di Brewing – metodi di estrazione del caffè, presso l’Ernani Academy.
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“Il caffè italiano è il più buono al mondo”
Niente di più sbagliato! Ti ho sconvolto vero?
Attenzione però a non fraintendermi.
Sì, è vero, noi italiani abbiamo inventato la macchina da espresso, una metodologia di estrazione del caffè incredibile ed unica nel suo genere. Abbiamo poi anche inventato la moka, altro strumento amato e conosciuto da chiunque, divenuto simbolo di italianità nel mondo.
Quello che in modo un po’ provocatorio volevo farti capire è che non basta possedere la macchina da espresso per fare un buon caffè!
Noi italiani infatti non ci siamo resi conto che negli ultimi 50 anni abbiamo permesso alle torrefazioni più grandi di convincerci che il caffè amaro e bruciato sia il miglior caffè possibile, spacciando questi difetti per “intensità”.
Abbiamo la cultura e abbiamo una tradizione speciale e diversa dal resto del mondo per quanto riguarda il consumo di questa bevanda, ma non ci siamo resi conto che la qualità della materia prima, ossia il caffè verde e di conseguenza il caffè tostato è delle peggiori.
Prima di tutto perché crediamo, come appena finito di spiegare, che fare il caffè è semplice e quindi non serve studiare e prepararsi.
Non essendo quindi formati i baristi accettano qualsiasi tipologia di caffè, da quello buono a quello pessimo. Non sapendo come riconoscere un caffè di qualità l’unica cosa su cui basano la scelta è il prezzo, optando sempre per quello meno caro.
Nel resto del mondo non è così!
Per fare il barista prima di tutto devi portare attestati di frequenza che dimostrino la partecipazione a corsi professionali. Dopo di che devi saper anche degustare la bevanda e riconoscere quindi la qualità ed i difetti.
All’estero inoltre spesso non esiste neanche più la frase “un caffè grazie”, perché il cliente può scegliere il gusto, la tostatura, la miscela o il monorigine desiderato, oltre al metodo di preparazione.
Poi a livello soggettivo possono anche non piacerti i caffè “americani”, e continuerai a preferire l’espresso, ma questo è un altro discorso. Quello di cui sto parlando io è l’oggettività della qualità della materia prima di partenza, che qua in italia è difficile da trovare.
“L’espresso è buono e fatto bene se supera la prova dello zucchero”
Siamo arrivati all’ultimo mito di oggi.
Ne ho sentito parlare per la prima volta ad una fiera, quando una persona si avvicinò allo stand e chiese se appunto il nostro caffè superasse la prova dello zucchero. Un po’ ingenuamente pensai subito al fatto che il nostro caffè è perfettamente consumabile anche senza zucchero e quindi risposi “Sì certo”.
Ma in realtà intendeva se la crema dei nostri caffè era in grado di far galleggiare lo zucchero per diversi secondi prima di raggiungere il fondo della tazzina. Se la risposta è si, allora il caffè è buono.
Prima di tutto, mi auguro che i chicchi di caffè che hanno viaggiato per tutto il mondo, mentre venivano trattati da centinaia di mani diverse, ognuna delle quali ha cercato di fare del suo meglio per poter offrire al consumatore finale un prodotto di qualità, non vengano sminuiti alla semplice “prova dello zucchero”.
Ma soprattutto, davvero?!?
Quando si studia il caffè si scopre infatti che la crema migliore dell’espresso è quella più fine, prodotta principalmente dai caffè arabica a tostatura media. Questo perchè gli arabica producono una crema compatta, lucida, con assenza di bolle e persistente nel tempo.
Soprattutto quest’ultima caratteristica è fondamentale in quanto la crema è il tappo degli aromi, e quindi più persiste, ossia dura, nel tempo e più la nostra bevanda rimarrà intensamente aromatica fino all’assaggio.
Al contrario la crema spessa e alta che tanto ricerchiamo è solitamente prodotta dai caffè robusta che contengono un maggior contenuto di gas, i quali creano appunto una crema più spumosa.
Questa è però esteticamente meno bella, in quanto mostra microbolle e non è né liscia né lucida, ed allo stesso tempo è meno persistente nel tempo, in quanto appunto piena di gas. Essi si slegano velocemente tra di loro provocando un veloce degradamento della crema e quindi la sua scomparsa.
Lo zucchero in tutto ciò non c’entra proprio nulla!
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