Caffè solubile: cos’è e come si prepara, la guida completa

I maestri della tostatura media
Cucchiaio di legno con dei granuli di caffè solubile al suo interno. Guida di Caffè Ernani sul caffè solubile

Il caffè solubile, comunemente chiamato anche caffè istantaneo o in polvere, è un composto di caffè tostato, al quale viene unita dell’acqua o del latte caldo. Mescolando si crea la bevanda finale. 

A differenza degli altri metodi, nei quali il caffè crudo viene tostato, macinato e quindi estratto, quello solubile si ottiene a seguito di lavorazioni industriali più complesse, tra cui la liofilizzazione e l’atomizzazione. 

In questo articolo scopriremo come si produce il caffè solubile, se può essere di qualità o meno ed infine se fa male o bene. 

Un po’ di storia 

L’antenato del caffè solubile venne creato per l’esercito durante la Guerra Civile Americana e consisteva in un composto concentrato di caffè, latte e zucchero, al quale si univa dell’acqua calda. La consistenza della mattonella ricordava del grasso per assi… da qui si può intuire che forse non era molto apprezzato tra le truppe. 

Il primo vero caffè istantaneo venne invece brevettato nel 1881, dal francese Alphonse Allais, al quale seguirono altri brevetti, rispettivamente nel 1890 e nel 1901, per arrivare poi a quello definitivo ad opera di Constant Louis Washington del 1909. 

Egli aprì poi il suo primo stabilimento di produzione l’anno successivo, ma raggiungse il successo con il lancio del marchio Nescafè nel 1938, azienda leader del caffè solubile fino ai giorni nostri. 

Come si produce il caffè solubile?

I chicchi di caffè verde, ossia crudi, vengono in prima battuta tostati per creare il profilo aromatico, esaltando le caratteristiche naturali dei grani e soprattutto eliminare quasi tutta l’acqua contenuti in essi. 

Dopo di che i chicchi vengono macinati molto molto fini. 

Fino a qui il processo è molto simile a qualsiasi altro metodo di preparazione della bevanda caffè. 

A questo punto si estrae la bevanda: l’acqua sotto pressione e ad una temperatura di 175°C estrae il contenuto solubile e volatile dal macinato, creando una tazza finale molto concentrata, data anche dall’evaporazione dell’acqua ad altissime temperature e dall’aggiunta di additivi. 

A questo punto si rimuove l’acqua dalla bevanda, attraverso il processo di sublimazione, ossia quel processo che permette all’acqua di passare da ghiaccio a vapore, senza attraversare lo stato liquido. 

Da qui il nome Liofilizzazione o anche freeze drying. 

Quindi: 

  1. L’estratto di caffè viene congelato molto velocemente, per non rischiare di creare cristalli di ghiaccio o alterazioni del caffè, e poi spezzettato in piccoli granuli;
  2. I granuli vengono setacciati e divisi per dimensione;
  3. Ora sono messi nella camera di essiccazione, nella quale viene creato un vuoto, la cui forza contribuisce a velocizzare il processo di asciugatura e a migliorare la qualità del prodotto;
  4. La camera viene poi riscaldata per creare condensa: l’acqua congelata nei granuli si espande fino a dieci volte, surriscaldandosi e creando appunto condensa per sublimazione.. È ora possibile rimuovere il vapore acqueo dalla camera;
  5. I granelli di caffè liofilizzato sono confezionati. 
In alternativa alla liofilizzazione esiste anche l’Essiccazione a spruzzo, o spray drying. 

È un processo di produzione meno costoso e più veloce, ma che parte ancora dalla bevanda estratta e concentrata. 

In questo metodo si utilizzano ugelli di atomizzazione: delle ruote, girando ad una velocità di circa 20.000 giri/minuto, spruzzano la bevanda nebulizzata all’interno di enormi cilindri attraversati da flussi d’aria ad una temperatura di circa  250°C. In questo modo le gocce nebulizzate si depositano a terra senza la parte acquosa, ottenendo così una polvere. 

Questo metodo rende le particelle di caffè davvero molto fini e quindi più difficili da consumare. Per produrre un particolato di dimensioni adeguate, esso deve essere prima fuso a vapore, creando delle agglomerazioni. 

Insomma tante parole complicate per dire che: produrre il caffè istantaneo richiede tempo, macchinari adeguati e metodi sofisticati, il tutto per apportare ulteriori lavorazioni al caffè prima di essere consumato dal cliente finale. 

Il formato di caffè è stato creato per velocizzare la fase di preparazione della bevanda all’interno delle mura domestiche e adeguarsi così agli stili di vita moderni e frenetici. 

Come si prepara il caffè solubile? 

Come ben sappiamo tutti, preparare il caffè solubile è davvero molto semplice: basta sciogliere una determinata quantità di granuli nell’acqua o nel latte caldo e mescolare. 

Solo una piccola accortezza: meglio utilizzare acqua da bottiglia o acqua filtrata. 

Questo perchè l’acqua, come si può intuire, è una componente fondamentale della bevanda finale, e, come per tutti i caffè, se si usa un’acqua trattata o troppo ricca di sali minerali, il gusto del caffè estratto sarà più amaro e meno piacevole. 

Il caffè solubile fa male? 

L’argomento più discusso, quando si parla di caffè istantaneo, è: fa male o no? 

Queste paure sono in parte fondate per la presenza di una sostanza chiamata Acrilammide, la quale può portare danni al sistema nervoso e riproduttivo, oltre ad essere responsabile di alcuni tumori. 

Essa è però presente in moltissimi cibi che ingeriamo, in quanto viene a formarsi quando l’amido contenuto viene esposto a temperature superiori ai 120°C. 

Il caffè tostato “normale” deve infatti essere sottoposto ad analisi per controllare che l’Acrilammide sia inferiore ai limiti imposti dal Regolamento Europeo, pena la non vendibilità del lotto. 

Solitamente è presente per circa 13 pbb (parti per bilione), mentre nel caffè istantaneo il contenuto si aggira tra le 170-500 pbb. Nonostante nel secondo caso l’Acrilammide sia molto più alta, il quantitativo risulta comunque facilmente assimilabile dal nostro organismo. 

Se invece parliamo di caffeina, essa è contenuta in quantità inferiori nel caffè solubile rispetto a quello tostato e macinato. Nel caffè espresso si aggira infatti tra i 50-80 mg, nella moka tra i 100-120 mg, mentre nel caffè solubile non supera i 30 mg. 

Non è quindi indicato se si ricerca una bella carica energizzante per il risveglio mattutino. 

Il caffè solubile è “veramente” caffè? 

Questa è una domanda che mi sono fatta spesso: comprendere la reale e concreta qualità del caffè solubile in correlazione ad un caffè selezionato, tostato e macinato ad hoc per una specifica estrazione. 

La risposta è una: no il caffè solubile non potrà mai raggiungere la qualità di un caffè “normale”. 

Questo per una serie di fattori che ora elenchiamo: 

  • Subisce un processo di lavorazione in più, quindi è un prodotto più raffinato. 

Inoltre, durante la produzione si aggiungono additivi, sia per migliorare il gusto, il colore ed il profumo, ma anche per preservare la fragranza più a lungo nel tempo. 

Pare evidente che un caffè buono e preparato a regola d’arte non ha bisogno di alcun additivo o di inutili trasformazioni o lavorazioni. L’aggiunta di additivi è resa necessaria dalla perdita di qualità che consegue alla lavorazione.

  • Se un caffè è Specialty, o comunque di elevata qualità, nessun coltivatore, importatore o tostatore lo userebbe per queste lavorazioni. 

Sarebbe un sacrilegio e soprattutto uno spreco utilizzare dei chicchi così perfetti ed emozionanti nel gusto, ricchi di sfumature aromatiche, pregiati, perfetti in forma, grandezza, colore e densità, per poi rovinarli per trasformarli in caffè solubile. 

Al contrario, il caffè solubile è normalmente prodotto partendo da chicchi di scarto delle grandi piantagioni industriali, venduto ad un prezzo molto economico, per permettere di tenere bassi i costi del prodotto finale. 

Di sicuro non vengono selezionati i caffè crudi da € 10,00 / € 30,00 al kg. 

  • Non si ha alcun controllo sulla fase di estrazione. 

Come abbiamo visto prima, l’unico controllo che si ha è sulla scelta dell’acqua e sulla dose di caffè istantaneo da utilizzare. Due variabili fondamentali ma non sufficienti per ottenere una tazzina di qualità. 

I caffè tra cui scegliere sono infatti limitati e qualitativamente inferiori. Non si possono selezionare monorigine o miscele. Non è possibile controllare il tempo di estrazione, la macinatura e la pressione utilizzata, il flusso d’acqua e così via. 

Detto tutto questo, possiamo dire che il caffè solubile risulta un’alternativa al caffè quando non si ha tempo. 
Non va però in nessun caso confuso o paragonato ad un ottimo caffè Premium, attentamente selezionato e tostato a regola d’arte, per essere macinato ed estratto con conoscenza ed abilità. 
 
Vuoi conoscere meglio il caffè? leggi gli altri articoli su ABCoffee, il blog di Caffè Ernani: 

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Author

Martina Mazzoleni

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